Sabato 1 febbraio 2020 si è inaugurata la mostra Parabasi a cura di Francesca Lacatena
Citiamo dal testo di presentazione ella curatrice:
La scelta di Antonietta Raphaël di lavorare prevalentemente sulla scultura avviene durante un soggiorno a Parigi con Mario Mafai nel 1930. Sfiora i quarant’anni ed ha appena iniziato a farsi conoscere come pittrice a Roma, quando decide di andarsene. La scultura diventa il medium prescelto, quello in cui l’artista raccoglie la sua ansia più viscerale, così come la sofferenza millenaria del popolo ebraico. Nel progetto plastico degli anni ‘30emerge un tratto stilistico di inattesa e sorprendente serenità, così come un’attenzione a cogliere ella sua opera le implicazioni più strettamente formali. Pur ammirando Marino Marini, la Raphaël è quanto di più istante dalla sublimità formalista del mono classicista. La sua produzione rifiuta ogni forma di sideralità metafisica, così come lei si rifiuta di diventare sacerdotessa di un culto che, di fatto, disimpegnava l’arte italiana nel richiamo ancestrale perenne. A partire da Ermafrodito, 1937, opera del periodo genovese, la Raphael piega a sé la poetica del frammento, usandone la modalità formale e traendone suggerimenti operativi. La piccola scultura in cemento del ’37 anticiperà infatti le mutilazioni operate a partire dal ’48 - per esempio, quella delle Tre sorelle, 1941 - 1948, eseguita subito dopo l’esposizione dell’opera alla Biennale di Venezia - e perseguite fino alle fusioni in bronzo degli anno ’60. Non frammentismo, dunque, ma frammentarietà: scomposizione qualitativa della visione in funzione profondamente antiaccademica, e rivolta morale dal sommesso delle pareti domestiche.
Opere esposte:
Ermafrodito, scultura in cemento, 1937
Ritratto della Signora Della Ragione, olio su tela,
Airone, olio su tela